RICORDI DI VITA SOCIALE DEL 1800 A GHIVIZZANO

 

RICORDI DI VITA SOCIALE NEL 1800 A GHIVIZZANO

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DI SEZIONE


La gente di paese viveva, né più né meno, nella consuetudine d’una famiglia allargata e non era facile per il presidente di sezione convivere e comunicare con i paesani.

Il compito del presidente di sezione era quello dell’ordine pubblico, di risolvere i problemi che si prospettavano di volta in volta, ammonire i trasgressori e in ultima analisi riferire al suo superiore che era il commissario di Coreglia (il Gonfaloniere)

Durante il corso del tempo si hanno scritti dei paesani che presentano istanze chiedendo la sostituzione del presidente.

Uno dei presidenti di sezione fu Silvio Antoni.




Antoni Silvio

VACCINAZIONE CONTRO IL VAIOLO Il vaiolo è una malattia contagiosa della pelle che lascia profonde cicatrici deturpando il viso e il resto del corpo.

Nel 1796 il medico inglese Edouard Jenner scoprì il vaccino per combattere il vaiolo esperimentando che l’uomo infettato col pus del vaiolo animale (di qui il verbo “vaccinare” da vacca) restava immune dal contagio del vaiolo umano.

Nel dicembre del 1806, si verificò un’epidemia di vaiolo ed allora si pubblicò un decreto che obbligava di vaccinare tutti i bambini nei primi due mesi di vita.

Segno del Vaiolo


STATO CIVILE

Dalla data del 4 febbraio 1807 si istituiva lo stato civile nel territorio di Lucca.

La registrazione della data di nascita, ,di matrimonio e di morte veniva sottratta agli archivi parrocchiali con l’istituto dell’anagrafe tuttavia i parroci continuavano ad esercitare le funzioni di ufficiale dello stato civile e ogni tre mesi passava le informazioni al “maire” di Coreglia (per Ghivizzano il parroco era Iacopo Tomasi di Brandeglio (1801-1835)

PUBBLICA MORALITA’

In data 11 giugno 1810 il parroco Iacopo Tomasi denunciava Elisabetta Zaroni scrivendo: “Si è inimicato il figlio e la nuora e li maltratta ad alta voce più volte al giorno con ogni sorta di improperi e villanie, bestemmia il nome santo di Dio e da scandalo in paese”

In data 18 maggio 1811 il parroco scrisse al “maire” segnalando un tal Vincenzo Cortopassi, falegname: “Costui tiene corrispondenza scandalosa con una tal Maria e perciò maltratta la propria moglie ed è di continuo scandalo per questa popolazione”

Il 28 dicembre del 1811 Antonio Luigi Francesconi scrisse al “maire”: “La prego di richiamare al suo “burò” (ufficio) Maria, figlia di R.Dini. Costei tiene in sua casa ammogliati con scandalo dei vicini e mi spiace avere mia casa limitrofa alla medesima che neppur si può riposare la notte con quiete...”

Il 21 giugno 1812 si segnala “Nella notte di venerdì 19 furon rubate tre galline a Fr. Puccini di questa sezione. Le teneva in una cascina murata in “Fondo Costa”….e non si sente parlare che di furti continui nella campagna”

CERTIFICATO DI POVERTA’

Nel luglio 1812 il rettore Iacopo Tomasi chiede al “maire” di Coreglia “la fede di povertà” per un certo Vincenti di anni 74, storpio e mendicante.

Tale documento permetteva di presentarsi al comitato di beneficenza e dava diritto a una libbra di pane al giorno.

L’ANNACQUATURA ESTIVA DELLA CAMPAGNA

La base dell’economia era l’agricoltura qui il periodo estivo diventava turbolento con malintesi, questioni, dispetti, per arrivare alle minacce sull’uso dell’acqua del Segone per irrigare i campi.

In data 24 luglio 1812 si scrive: “Sono continui inquietudini che sorgono nella mia sezione per l’annacquatura dei terreni. Tutti vorrebbero l’acqua in un giorno stesso e nella medesima ora “.

Ancora il 7 agosto 1814: “Non vedo possibile tener in buon ordine questa maleducata popolazione in questo tempo di irrigazioni dei terreni. Nessuno più a timori di giustizia né di decreti comunali. Non pochi prepotenti si servono dell’acqua quando fa loro più comodo”

PAESANI NOCIVI ALLA SOCIETA’

L’istituto del “discolato” raccoglieva i nomi delle persone ritenute facinorose e turbolente.

Si ha nota in data 15 giugno 1815 di un elenco di persone nocive alla società, inviato dal parroco al “maire” con la qualifica di vagabondo, ladro, non gode di buon nome, rissoso e per due donne: poco oneste, scandalose e sciolte di lingua.


STATISTICA CONDIZIONI DI VITA FAMIGLIE DI GHIVIZZANO

NEL 1816

Dal raccoglitore n° 284 del Comune di Coreglia si trova l’elenco degli indigenti della parrocchia di Ghivizzano con firma del parroco don Iacopo Tommasi in data 4 novembre 1816

(resse la parrocchia dal 1801 al 1835)

Le famiglie indigenti sono 48 su un totale di 94, in tutto 420 anime.

Questo l’inizio dell’elenco:

Antoni Bernardino capofamiglia con sei persone “tira avanti con una vacca e con l’accattonaggio”

Antoni Elisabetta due persone “campa con la rocca” cioè filando canapa e lino.

Una terza famiglia tira avanti con i frutti di un terreno a livello cioè in affitto.

Una quarta vive con la questua e andando a opre quando trova.

Altre famiglie ancora campano con la rocca e con l’opre.

Nei paesi vicini non si stava meglio.

A Piano di Coreglia il parroco aveva contato 72 famiglie indigenti su un numero inferiore di abitanti.

A Lucignana, paese ancora più piccolo, aveva 46 indigenti


Ricerca da “Gente nel tempo”


RICHIESTA LAVORI URGENTI NELL’ANNO 1820

RIPORTIAMO UNA NOTA INVIATA AL COMMISSARIO DI Coreglia da parte del presidente di sezione di Ghivizzano Girolamo Pellegrini che chiedeva in data 15 febbraio 1820.

1)Costruzione di un muro di sostegno della strada lungo il Segone e d’un canale per irrigare i campi.

2)Costruzione di un ponte di legno alle Molina, portato via dall’ultima “crescenza”del Segone (necessario perché serviva da passo alle persone che nella seconda domenica d’ogni mese si recavano in processione per la messa all’oratorio di San Rocco in San Simone)

3)Sistemazione del pozzo mancante di pietre. ( si parla del pozzo a sinistra della chiesa di Sant’Antonio - oggi coperto con una grande pietra a livello stradale dove la gente affluiva a “cavar” l’acqua potabile)

4)Orologio mancante di suono per essere guastato e sporco con un solaro (pavimento) impraticabile alla persona addetta al ricaricamento.

5)Strada interna del castello (l’attuale via David Camilli) impraticabile per la caduta del muro della fortezza.

6)Due travi portate via dal Segone alla steccata per la presa dell’acqua della gora dei molini.

7)Espurgazione del pozzo che, secondo le disposizioni vigenti, doveva essere ripulito ogni anno.

8)Loggetta sopra la porta del castello che minaccia rovina per un trave marcito (questa loggetta esiste ancora sostenuta da colonnette di pietra rafforzate da verghe di ferro – il tutto per poter protegger un affresco dipinto sul muro sopra l’arco della porta, attualmente irriconoscibile)

Riquadro dove una volta c'era il pozzo in via David Camilli

COME SI PROMULGAVANO LE LEGGI

DUCATO DI LUCCA (1817-1847)


In data 30 novembre 1835 rimise al gonfaloniere di Coreglia un decreto sovrano a stampa firmato Carlo Lodovico.

In cinque articoli si espone il modo da tenersi per promulgare delle leggi.

Trascriviamo quelle più interessanti:

La promulgazione delle leggi si fa nella piazza principale della città di Lucca dal pubblico banditore: Dopo gli squilli di tromba egli la legge al popolo adunato quindi affigge gli esemplari stampati.

I banditori attesteranno l’atto compiuto con una dichiarazione scritta e firma a tergo e depositeranno l’esemplare all’archivio di stato di Lucca.

La legge diverrà obbligatoria in Lucca a Capannori il giorno successivo al bando, negli altri comuni l’obbligo decorrerà dal terzo giorno.

Per Minucciano (enclave è più lontano da Lucca) il quarto giorno.

Questo, dal terzo giorno, valeva anche per la comunità di Ghivizzano.

Ricerca da “Gente nel tempo”




SUPPLICA AL DUCA DI LUCCA


Non avendo nessuna previdenza né assicurazione nel caso di infortunio, l’unica soluzione era la solidarietà cristiana o una supplica alle autorità.

Questo episodio avvenne nell’anno 1839.

Un certo Bartolomeo Puccini, avendo perso un braccio e non essendo più in grado di mantenere la sua famiglia rivolge una supplica a S.A. Reale il Duca di Lucca.

Il principe chiede conferma dell’avvenuto al presidente di sezione di Ghivizzano Antonio Antoni che risponde raccontando che il Puccini era stato colpito dallo scoppio di una mina, che gli aveva amputato il braccio sinistro sulla strada di Calavorno.

Confermava pure esser un uomo che si guadagnava il sostentamento soltanto con le sue giornaliere fatiche.

D’inverno andava in Corsica e in estate acconciava la canapa.

Era vero che aveva 4 figli piccoli e la moglie casalinga e che senza un braccio non poteva procurarsi il necessario.

L’unica cosa era sperare nella carità cristiana.

Non si conosce l’esito della supplica, ma non abbiamo motivi per restare pessimisti.


Ricerca dal libro “Gente nel tempo”


TENTATIVI DI TRASFERIMENTO DELLA SEDE

COMUNALE A GHIVIZZANO

L’iniziativa di trasferimento della sede comunale nacque in seno ai consiglieri delle frazioni, capeggiati da Casimiro Fontana di Tereglio attraverso un comitato con favorevoli: a Ghivizzano 164,a Piano di Coreglia 97, a Lucignana 45, a Tereglio 124 e a Vitiana (compreso le Capanne di Vitiana) 89.

Gromignana restò dalla parte di Coreglia.

Eravamo nell’anno 1876 e la motivazione era quella della centralità del paese di Ghivizzano dato che anche gli abitanti delle frazioni per recarsi al capoluogo doveva percorrere mulattiere sempre malagevoli e impraticabili in inverno.

La richiesta fu messa ai voti e fu approvata per alzata e seduta con dodici favorevoli e otto contrari.

Si apri un lungo dibattito ed entrarono in campo per i coreglini l’avvocato Guerra e per le altre frazioni l’avvocato Puccioni.

Passarono quattro anni e il 15 settembre 1880 il consiglio provinciale di Lucca bocciò la decisione presa dal consiglio comunale di Coreglia del 23 dicembre 1876.

La competenza di dirimere la questione passo a Roma al governo del Re….ma Roma tacque e il problema si chiuse lì.

Nel 1902 i sezionisti di Ghivizzano, Lucignana e Vitiana coalizzati rivolsero la domanda al prefetto di Lucca per ottenere il distacco dal comune di Coreglia e l’aggregazione a quello di Borgo a Mozzano, sempre per gli stessi motivi, ma anche questa volta la prefettura rimise la competenza al comune di Coreglia che il 9 marzo del 1903 emise parere negativo con 16 voti favorevoli, contrario Menchelli di Lucignana e il sindaco Cherubino Pacini, pur essendo di Ghivizzano, si astenne dal voto.



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