BUON NATALE!

Cari amici e care amiche,

non avrò la gioia di condividere con la maggior parte di voi la celebrazione di questo Natale. Ma vi raggiungo con questo saluto e augurio, maturato nei giorni della convalescenza.
Dopo lo straordinario Avvento che in ognuna delle parrocchie dei nostri paesi ci ha accompagnato ai ragazzi e alle ragazze che hanno richiesto i sacramenti della crescita cristiana, ecco ora un Natale come mai ci è capitato! La gioia della festa, quest’anno stride con le infinite sofferenze che la pandemia da coronavirus sta scavando in noi, nelle relazioni personali e in quelle sociali: paura, stanchezza, l’incertezza del futuro e tutto ciò che, tra una mascherina e l’altra, ci consegna alla malinconia di vederci privati degli aspetti più festosi di questi giorni. La domanda ci sta tutta: che Natale sarà, quest’anno?
Tanti anni mi hanno insegnato quello che avviene in famiglia quando nasce un bambino: la vita si rinnova, il futuro si apre, tutto respira gioia, amore, festa. Così è il Natale: un Bambino è nato per noi, compimento di attese e desideri profondi.
Nelle Sante Messe, benché ad orari inusuali e presenze contingentate, potremo ugualmente ripetere una gran bella verità: Dio viene! E viene quasi sempre nella notte, perché è di notte che viene la luce. Se la pandemia è la notte, abbiamo fiducia che lì c’è un appuntamento con Dio. Egli ci sorprenderà anche stavolta, come e quando meno ce lo aspettiamo. Viviamo il Natale, dunque. Con tutta la gratitudine di cui siamo capaci. Dio cammina al nostro fianco per sostenerci.
In questo 2020, tre aspetti importanti possiamo vivere a Natale con maggiore consapevolezza.
Il primo è imparare ad accogliere la fragilità. Non è un bambino appena nato il massimo della fragilità da custodire? E Dio, che sceglie di farsi uomo, nasce bambino! Quando ci saremo riconciliati con la nostra fragilità, ci accorgeremo che vale molto di più essere più umani che non più forti!
Il secondo è la riscoperta della sobrietà. Intendiamoci: bello scambiarsi piccoli doni a Natale, rallegrare i bambini, comprare qualcosa di nuovo per noi o le case. E però, l’agitazione per gli acquisti, le cene, i regali e gli addobbi, hanno anche portato a costruire una festa, forse la sola fra tutte, in cui l’unico a mancare è stato il festeggiato. Non lamentiamoci dell’essenziale di quest’anno e godiamoci la bellezza delle cose semplici, ci aiutino a fissare occhi e cuore su Gesù e riscoprire ciò che nella vita conta davvero.
Il terzo aspetto che la pandemia e, paradossalmente, il Natale ci fanno vivere è che da soli non ce la possiamo fare. Proprio perché soffriamo le restrizioni della distanza, possiamo ripartire allargando il senso della solidarietà, sviluppando il senso di giustizia e di attenzione ai poveri. Il Natale parla di un Dio solidale con gli uomini che ci chiede di essere accolto nel volto degli altri.
Fragilità, sobrietà e solidarietà, sono segni evidenti del Natale del Signore e sono vie che, suo malgrado, la pandemia ci consegna. Proviamo a percorrerle. Del resto anche Giuseppe e Maria in quel primo Natale non è che vissero tutte rose e fiori, anzi!
Se, come tutto ci obbliga, quest’anno vivremo un Natale più domestico che sociale, auguro a voi, ai vostri cari e alle persone con cui potrete vivere questi giorni, di accogliere il Bambino Gesù in famiglia, e riaccendere insieme a Lui l’amore e la speranza. Vi chiedo di trasmettere da parte mia il saluto affettuoso ai bambini, l'incoraggiamento ai giovani e una carezza agli anziani e ai malati. A tutti Buon Natale! Serene e felici feste a voi e alle persone con cui le condividerete!
Don Giuseppe.

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N.B.:Gli accessi dagli USA si riferiscono anche ad "accessi tecnici" del sistema