Il Cav. Filippo Petraglia ...un uomo dell’800 che ha amato il nostro paese.

Il Cav. Filippo Petraglia è stato un uomo  che, nella seconda metà del 1800, ha avuto contatti frequenti con il nostro paese anche se, da ricerche fatte,  nessuno  ha ricordo di questo personaggio.
Casualmente un nostro compaesano, Loriano Del Debbio, appassionato di cose antiche, curiosando tra le bancarelle ad una fiera dell’antiquariato, ha trovato un piccolo libro di 20 pagine, fatto stampare in data 13 maggio 1901 dalle nipoti, Ermina Camilli e Ester Peloso, in ricordo del primo anniversario della morte del  Cav. Filippo Petraglia.    In questo libretto si descrivono la vita e le virtù di questo uomo nato a Roma il 26 agosto 1819 da Gaetano e Marianna Sabatini. Studiò nelle scuole legionarie e poi al Collegio  Romano.  A diciotto anni entrò in qualità di cadetto nel corpo di Finanza e a ventiquattro fu promosso sottotenente. Fu un liberale, al modo di tanti uomini eletti di quei tempi, con un grande amor di patria. Uomo di profondo spirito, appassionato al lavoro, rifuggiva la violenza e l’odio, amato per la sua rettitudine dai suoi sottoposti. Insomma un animo pieno di generosità e gentilezza. Nel libretto si ricorda che un giorno il Cav. Petraglia, venuto a conoscenza di una famiglia poverissima che aveva perso la casa e si trovava in grande difficoltà, senza indagare e senza attendere provvide ad ogni cosa, egli procurò loro un tetto e i mezzi per una vita dignitosa. Nel 1849 fu promosso a tenente, nel 1870 capitano della Guardia nazionale , nel 71 Amministratore dei dazi sul macinato e  nel 1890 fu nominato cavaliere della Corona d’Italia.    Questa, in sintesi, la sua vita  ma veniamo ai contatti con il nostro paese.    Dopo la cura delle acque a Chianciano o a Montecatini, il Petraglia, soleva passare due mesi d’estate a Ghivizzano, ospite del cav. Domenico Camilli, marito di sua nipote Erminia. In una villetta, poco distante dal Castello, riunito a tutta la famiglia, ritemprava le forze e allietava lo spirito. (La villetta in questione è in via della Madonna  “la Chiusa”).    Si dice che ogni giorno scendesse al piano per conversare  con i paesani e che la domenica, dopo la messa, si attorniasse di bimbi cui dava modo di trastullarsi.    La nipote nel libretto ricorda come, grazie alla sua generosità  e senza che nessuno lo avesse richiesto, fornisse le vie del paese di fanali per l’illuminazione. Quando per la prima volta quei fanali diffusero la luce per la via,  la gente si raccolse sulla piazza e, mentre suonavano le campane, lo acclamarono festosamente. Mancavano poi le campane alle chiese di S. Antonio  e di S. Maria della Neve; ebbene, fece fondere due campanelle e dotare i due piccoli templi del richiamo per i fedeli.    Altra opera molto utile fu quella di dotare lo scaleo  della  chiesa parrocchiale di un passamano di ferro, per rendere sicura la salita e discesa, specie per i più anziani. Nel libretto si ricorda come  nel settembre del 1900, quattro mesi dopo la sua morte, nella Chiesa parrocchiale vennero celebrati solenni funerali.    Tutta  la popolazione  partecipò e, a unanime attestato d’amore e riconoscenza, fu posta una scritta sulla porta della chiesa:
 “A  Dio innalzate preci o fedeli, per l’anima del compianto Cav. Filippo Petraglia cui il paese di Ghivizzano fu caro quanto la sua Roma.”
Morì  a Roma il 13 maggio del 1900 e S.E.R.ma David Camilli, vescovo di Fiesole gli porse i conforti religiosi.
Nel libretto fatto scrivere dalla nipote Erminia si legge: “Filippo Petraglia parve conterraneo agli abitanti e lasciò di sè nobile traccia: però viva è senza dubbio fra il popolo di Ghivizzano la immagine di lui, che passò in mezzo ad esso conquistando l’altrui affetto  e prodigando il suo.”
L’autrice inoltre scrive, parlando di Ghivizzano, di una popolazione tranquilla e laboriosa, dove non c’era povertà, dato che ogni famiglia aveva il campicello e la casa , per trarre onestamente un guadagno e poter vivere decorosamente.    Inoltre, nel libretto, si fa un po’ la storia  medievale del paese e si scrive: “ Ghivizzano, Borgo a Mozzano e Coreglia videro superba agitarsi la vita, nobile a volte e a volte indegna, sempre febbrile, della famiglia Antelminelli, sulla quale si erge “col petto e con la fronte”quel Castruccio famoso. Furono ben densi i luoghi che videro e udirono le gesta dei più famosi guerrieri e di cui le polveri rosseggiarono pel sangue dell’infelice e gagliardo Francesco Castracani, il Conte, cui l’eredità del grande condottiero non aveva apportato fortuna (…)
 Ghivizzano, prima feudo dei Rolandinghi, di Loppia, passò più tardi agli Antelminelli, di Lucca e pervenne fino a Castruccio, che lo rimise in onore, abbellendo i dintorni del  castello  e questo fornendo di quel decoro che a residenza di famiglia così illustre si conveniva. Morto il capitano famoso, Ghivizzano passò, per la ragion delle armi, in podestà di Firenze e vi restò fino alla metà del’400, quando le fu ritolto da quel Castracani, al quale Carlo IV lo confermò in stabile contea. Per successive e fortunose vicende, Ghivizzano pervenne ancora sotto il dominio di Lucca ed a questa fu più tardi ritolto da Francesco Sforza; fino a che, venuto nuovamente alla Repubblica lucchese e prestato ad essa giuramento di fedeltà, cessa di apparir, per avvenimenti speciali nella storia. Il tempo ogni orma cancella, ha fatto sì, come si disse, che, laddove scintillarono  le spade, splendano oggi, al pallido sole d’autunno e alla canicola feconda, le cesoie della vendemmia e la falce messoria.”
A conclusione diamo spazio all’immaginazione  per poter rivedere il Castello con la via David Camilli  illuminata da fanali al carburo o a petrolio e riportiamo come appariva il nostro paese nella seconda metà dell’800. “Nella ridente campagna toscana, a pochi chilometri da Lucca, sulla sinistra del Serchio, è l’antichissimo borgo di Ghivizzano, a cavaliere d’una collina. Di questa i fianchi digradano, coperti da lieti e pingui vigneti, per lo sguardo che scorre ammirato sotto e d’intorno, si allieta lo spirito tra una magnifica fecondità di natura.”
   La nipote Erminia,autrice del libretto sopra nominato, era la moglie di Camilli Domenico, padrone della villa della Chiusa, e cugino del vescovo David Camilli.
 

                                                                                 

Nb: Copia integrale del libretto in ricordo del Cav.Filippo Petraglia si trova nell’archivio parrocchiale di Ghivizzano.

                               


 Come si vede dalla foto riprodotta, nel giardino della villa della Chiusa in via della Madonna c’è una fontana che riporta la data del 1819 e tre scritte in latino che sono le seguenti:
*RELIGIO VERA EST FIRMAMENTUM REIPUBBLICAE
  (La vera religione è sostegno della repubblica)
*ABSIT AB HUMANO PECTORE POTUS AQUAE
  (L’uomo stia lontano da bere acqua)
*VINA BIBANT HOMINES ANIMALIA CAETERA FONTES
  (Gli uomini bevano il vino gli animali si abbeverano alla fonte)






















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